Le linee guida per la promozione di un linguaggio rispettoso di entrambi i generi

L’ Italia non riesce ad agganciare la ripresa (anche) a causa della burocrazia opprimente e Palazzo Chigi, dopo gli appelli di Laura Boldrini, invece che intervenire sull’efficienza dell’apparato pubblico ha deciso di occuparsi  delle « Le linee guida per la promozione di un linguaggio rispettoso di entrambi i generi presso la Pubblica amministrazione» creando un comitato appena nominato dal premier Renzi.A presiederlo c’è la deputata piddina Giovanna Martelli,consigliera di Renzi per le pari opportunità e strenua difensora o difenditrice dei diritti anche delle coppie gay (o meglio delle «coppie same-sex»).

In un intervista pubblicata da Il Giornale la deputata dice: «Guardi, si tratta di superare i termini che non riconoscono le specificità di genere, come “onorevole” riferendosi ad una collega femmina. È più corretto dire “la deputata”. Non partiamo da zero perché c’è già una letteratura, c’è il lavoro di Alma Sabatini (storica femminista autrice di «Il sessismo nella lingua italiana», ndr ), nel comitato abbiamo un rappresentante dell’Accademia della Crusca, tre docenti universitari, e anche una nota giornalista» e ancora  «Le linee guida arriveranno in tutte le articolazioni della società, compresi i media. Può sembrare una questione di lana caprina ma non lo è, anzi è un atto importante urgente rispetto alla discriminazione delle donne nella società».

Ma quali sono i termini che tanto preoccupano il Presidente del consigio? Quali saranno le alchimie linguistiche che ci renderanno migliori? vediamone alcune

Evitare il maschile generico, come «i diritti dell’uomo», a cui preferire l’espressione «i diritti della persona»;

invece di «cittadini», dire «la cittadinanza» (ma cittadinanza è femminile, come la prenderano gli uomini?);

anche «fratellanza» è sottilmente sessista (i fratelli sono maschi), si consiglia quindi al suo posto «solidarietà»,

«dirigenti», anche questo maschile, conviene sostituirlo con «la dirigenza»,

Espressioni come «l’uomo primitivo», «l’uomo di Cro-Magnon», «gli antichi Romani», «la paternità di un’opera d’arte» saranno da sostituire rispettivamente con «le popolazioni primitive», «i reperti umani di Cro-Magnon», l’antico popolo romano», «la maternità di un’opera d’arte» se l’artista è donna.

Tassativo evitare l’articolo davanti ai cognomi femminili  e usare il cognome e basta come si fa con i maschi.

Fondamentale accordare il genere degli aggettivi con quello dei nomi in maggioranza («Anna, Giovanni e Chiara sono simpatiche», e non «simpatici») o in caso di parità con l’ultimo nome («Anna, Luca, Giovanni e Chiara sono simpatiche»).

E poi si raccomanda di usare il femminile per i titoli professionali (chirurga, notaia, avvocata), mentre da aborrire sono forme in «essa» (avvocatessa, vigilessa), che ridicolizzano la donna e la discriminano.

Aspettiamo con pazienza le decisioni del Comitato di liberazione della grammatica avrà messo a punto le direttive da osservare in tutte gli uffici pubblici. Lenti e inefficienti, ma finalmente gender friendly .

 

One comment

  • Renata Bensussan

    Ma per favore! E il senso del ridicolo dove lo lasciamo?
    Dire “notaia” o “avvocata” o “vigila” diminuirà la discriminazione di genere? Cominciamo col pretendere l’uguaglianza nella rappresentanza politica, nei salari, nel diritto all’istruzione e poi penseremo alla grammatica.

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