Dovere del filosofo è corrompere i giovani
La vera vita, Alain Badiou, Ponte delle Grazie, pagine 109, 12 euro
Un libro potente. Un ottantenne si rivolge ai giovani determinato a corromperli, reato di cui era stato a suo tempo accusato Socrate. Badiou come Socrate. Corrompere la gioventù e indurla a lottare contro le convenzioni, i preconcetti, l’obbedienza cieca. A rompere con la Tradizione. Indurla a percorrere strade nuove. A volere vivere la “vera vita”, quella sognata da Rimbaud”, il poeta della giovinezza. Per Badiou i giovani si trovano, da sempre, immersi in una contraddizione: la passione per la vita immediata, per il piacere, l’istante. E il suo opposto: la passione per la riuscita, l’idea di diventare ricchi e potenti, di avere successo. Un dualismo lacerante. Ma se un tempo il passaggio all’età adulta: il servizio militare per i ragazzi e il matrimonio per le ragazze, era un’iniziazione imposta e assegnava un posto simbolico ad ogni età. Oggi questa iniziazione non c’è più. Ne deriva un’erranza, un’adolescenza infinita. Che tracima negli adulti che se un tempo davano alla loro condizione un valore superiore alla giovinezza (saggezza, esperienza), oggi vogliono essere giovani a tutti i costi: è lo stupido e triste giovanilismo che impera. Ma nel contempo gli adulti hanno paura della giovinezza. Perché non sanno sa cosa sia, cosa possa essere. Ecco perché tante misure restrittive, poliziesche, contro i giovani. Con gli anziani relegati negli ospizi. Badiou quindi propugna un’alleanza tra giovani e ultrasessantenni. Contro gli adulti. I primi perché spaesati e ribelli. I secondi formatisi nel cambiamento, nelle lotte, nelle rivoluzioni dei costumi degli anni ’60 e ’70. Per costruire e partire. La soluzione della contraddizione (e torniamo all’inizio) dell’essere giovani si risolve esaltando ambedue i suoi termini. Costruire e partire. Partire e costruire. In una visione collettiva e non mercantile della società, della vita.
