dicono del self publishing

tratto da Scuola di scrittura Omero

http://www.omero.it/omero-magazine/consigli-per-scrittori-in-erba/dal-porta-a-porta-al-self-publishing/

di Romina carboni

Negli ultimi anni abbiamo assistito e continuiamo a farlo, a un fenomeno in netto aumento: il self-publishing. In passato era quasi impensabile poter pubblicare un libro autonomamente e riuscire a distribuirlo attraverso un circuito di settore, soprattutto in un mezzo che fosse diverso da quello cartaceo, oggi si può. Il modo più economico, usato prima dell’avvento della digitalizzazione del libro per far conoscere le proprie opere, era la stampa autofinanziata e la distribuzione “porta a porta”, in questo modo si aveva la sicurezza di poter promuovere, mantenendo dei costi bassi, il proprio manoscritto. Attualmente invece anche i grandi marchi stanno prendendo in considerazione l’idea di fornire un servizio per auto-pubblicare il proprio testo e renderlo disponibile a una fetta di utenti che abitualmente acquista in internet. Molti vedono nel self-publishing il futuro dell’editoria, merito o meno degli Stati Uniti, dove abbiamo assistito all’incremento di una nuova generazione di bestseller e di autori che si auto pubblicano conservando tutti i diritti della propria opera, (altra postilla che rende appetibile il self-publishing).

Come funziona? Ti registri gratuitamente su una piattaforma delle tante e trovi a tua disposizione tutta una serie di servizi, compresa una vetrina virtuale, grazie alla quale potrai pubblicarti e vendere le tue opere, disegnare la copertina e fare l’upload del file. Numerosi i siti che offrono la possibilità di pubblicarti in maniera del tutto autonoma e consentono poi, di poter stabilire un prezzo di vendita al pubblico in maniera del tutto indipendente. Ovviamente però, la fase più difficile, quella che determinerà il successo dell’opera, è la promozione della stessa. C’è chi sceglie di pubblicarsi e inserire la propria opera sui maggiori social network, impiegando le proprie energie per fare il lavoro che in genere spetta alla casa editrice, c’è invece chi si promuove iniziando a scrivere sui social network dedicati agli scrittori: 20lines e wattpad sono i migliori e più frequentati siti dove rendere disponibili alla lettura le proprie opere al solo scopo di farsi conoscere; si possono pubblicare romanzi interi o semplici racconti, poco importa, l’essenziale è farsi notare in maniera positiva e avere dei primi raffronti da parte dei lettori nei riguardi delle proprie creature letterarie; la seconda fase sarà di indirizzare il lettore verso le altre opere pubblicate o auto pubblicate a pagamento magari, rientrando almeno di quei costi che il tempo ad esse dedicato ci ha portato via. Nonostante l’ampio spettro di possibilità offerte dal mondo virtuale, la capacità di scrivere buoni testi, privi di refusi e ricchi di senso e originalità, è data solo dallo scrittore, come il costo finale dell’opera che copre una minima percentuale del lavoro ad esso dedicato, più diritti sulla propria opera ma molto più lavoro da dedicarle, indubbiamente.

Citando Emanuela Piemontese e il suo bel testo Capire e farsi capire:

“Un primo criterio per scrivere chiaro è scrivere come si parla. Il senso di questo criterio non è ignorare o appiattire le differenze, formali o sostanziali, che esistono fra scritto e parlato. Questo suggerimento che, ovviamente, non va inteso alla lettera, invita chi scrive a cercare la soluzione più semplice per esprimersi, pensando al modo in cui si esprimerebbe parlando.”

Questo suggerimento non sarebbe dispiaciuto a Stephen King, che nel suo On writing scrive: “Ricordate che la regola fondamentale del vocabolario è: usate la prima parola che vi viene in mente, se è appropriata e colorita“, ma poi il Signor Re scrive altre migliaia e migliaia di parole per raccontare come si può scrivere per bene una storia di narrativa. E proprio all’inizio del suo testo scrive questa dedica: “Una regola pratica che non viene ricordata in altre pagine di questo libro è: «L’editor ha sempre ragione». Il corollario è che nessuno scrittore accetterà in toto i consigli del suo editor: poiché tutti hanno peccato e hanno mancato la perfezione. Per dirla in altri termini, scrivere è umano, editare è divino. Chuck Verrill ha curato questo libro, come già molti dei miei romanzi. E come sempre, Chuck, sei stato divino”. Ecco di cosa avrebbe bisogno in genere un libro autopubblicato, di Chuck Verrill. Se perfino uno che sforna a ripetizione successi editoriali adorati dal pubblico, come Stephen King, pensa di avere bisogno di un editor, figuriamoci noi.

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