La Stele di Rosetta

La Stele di Rosetta è una lastra in granodiorite che, riportando un’iscrizione in tre differenti grafie: geroglifico, greco e demotico (penultima fase della lingua egizia che non veniva utilizzata nei testi letterari ma nei documenti più comuni destinati al popolo) ha permesso di procedere alla comprensione dei geroglifici.

La stele deriva il suo nome da Rosetta, oggi nota come Rashid, antica città sul delta del Nilo, nel Governatorato di Buhayra, dove fu scoperta nel 1799 da Pierre-François Bouchard, capitano nella Campagna d’Egitto di Napoleone Bonaparte.

 

Anche se il governo egizio usava ufficialmente la lingua greca fin dalle conquiste di Alessandro Magno, il decreto di Menfi fu redatto in tre lingue per per mostrarne la rilevanza su tutta la popolazione attraverso il dotto clero egizio. Non solo, dato che il decreto fu emesso a Menfi, l’antica capitale d’Egitto, invece che ad Alessandria, sede del governo tolemaico, appare evidente che il giovane re fosse ansioso di ottenere il sostegno attivo della classe sacerdotale.

 

 

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         la Stele di Rosetta, custodita presso il British Museum, è
         alta 114,4 cm, larga 72,3 cm, spessa 27,9 cm e pesa 760 kg

L’iscrizione sulla stele è un decreto tolemaico emesso nel 196 a.C. (La data riportata dell’incoronazione è del “4 Xandicus” del calendario macedone e del “18 Meshir” nel calendario egizio, che corrisponde al 27 marzo 196 a.C.) dove il faraone Tolomeo V Epifane, oltre a concedere al clero residente nei templi divini gli antichi privilegi (come l’esenzione fiscale), riporta tutti i benefici resi al paese dal re, le tasse da lui abrogate, la conseguente decisione del clero di erigere in tutti i templi del paese una statua in suo onore, statue d’oro da collocare accanto a quelle degli dei e di indire numerosi festeggiamenti in onore del re. Stabilisce inoltre che il decreto sia pubblicato nella scrittura delle “parole degli dei” (geroglifici), nella scrittura del popolo (demotico) e in greco.

La Stele di Rosetta è, in realtà, il frammento di una stele più grande e, per via del suo stato, nessuno dei tre testi è completo. Il registro superiore composto da geroglifici egizi ha subito i danni maggiori. Solo le ultime 14 righe del testo geroglifico possono essere lette; tutte sono mancanti sul lato destro e 12 di esse sulla sinistra.

La storia della stele è legata a Napoleone Bonaparte e alla campagna d’Egitto. La spedizione partì da Tolone il 19 maggio del 1798, composta da una flotta di 328 navi e 38.000 uomini alla volta dell’Egitto dove arrivò il 2 luglio. Facevano parte della spedizione 175 scienziati, detti Savants, disegnatori e casse contenenti strumenti di misurazione.

Il ritrovamento della stele è tradizionalmente attribuito al capitano francese Pierre-François Bouchard che la trovò il 15 luglio del 1799. La lastra fu rinvenuta mentre erano in corso i lavori di costruzione di Fort de Rachid, detto già allora Fort Julien, vicino alla città. In realtà Bouchard non trovò personalmente la stele ma fu un soldato, di cui non è pervenuto il nome, a rinvenirla durante i lavori. A Bouchard resta il merito di aver capito l’importanza della pietra.

Quando Horatio Nelson distrusse la flotta francese e costrinse i francesi alla resa, nacque una disputa sui reperti. Il generale francese Menou cercò di occultare la stele tra i suoi effetti personali, accuratamente coperta, nonostante gli accordi, ma venne scoperto e dovette alla fine consegnarla ai vincitori inglesi che, al ritorno in patria la esposero al British Museum, dove viene custodita dal 1802. Ai Francesi venne concesso di tenere i disegni e le annotazioni che avevano fatto prima di imbarcarsi ad Alessandria e che formarono l’opera in 24 volumi chiamata Description de l’Égypte.

 

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