Svetlana Aleksievič (Stanislav il 31 maggio del 1948) non solo è la prima bielorussa a vincere un Nobel ma, con la motivazione “per la sua opera polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”, è anche la prima giornalista che lo vince con libri da cronista. I suoi libri, scritti in russo a partire dall’85, sono inchieste giornalistiche sotto forma di intervista su vari temi: La guerra non ha un volto di donna, sulle donne che hanno partecipato alla seconda mondiale, Ragazzi di zinco, sull’invasione sovietica dell’Afghanistan, Incantati dalla morte, sui suicidi seguiti al crollo dell’Unione sovietica, Preghiera per Černobyl’ e infine Tempo di seconda mano, sulle vite della gente più o meno comune dopo il crollo del comunismo, tra miseria, nuovi ricchi e nuovi conflitti.Sono interviste strutturate non in modo tradizionale. Monologhi di persone non famose che prestano grande attenzione ad aspetti intimi, ai sentimenti, alle emozioni, rimasti impigliati e nascosti nella dura materia della realtà storica. Non ci sono domande, né presentazioni del soggetto che parla. Solo qualche riga in corsivo qua e là per dire il nome dell’intervistata e magari il luogo.Il sospetto che il Nobel sia stato assegnato ‘politicamente’ ad un nemico di Putin nulla toglie al fatto che Svetlana Aleksievič sia una grande giornalista e scrittrice, che ha già fatto incetta di premi in mezzo mondo (Tempo di seconda mano ha vinto un premio come miglior libro dell’anno in FranciaDurante la conferenza stampa per il Nobel ha detto che in Bielorussia: “Fanno che io non ci sia, non pubblicano i miei libri, non posso fare discorsi da nessuna parte, non mi ricordo che la tivù bielorussa mi abbia fatto una chiamata”.guarda le curiosità sui premi nobel per la letteratura