Chiesa Plebana di S. Eufemia di Erba
La chiesa di sant’Eufemia di Incino d’Erba è una delle chiese plebane in stile romanico più antiche del Triangolo Lariano, della provincia di Como e dell’Arcidiocesi di Milano.
La chiesa è sull’antico asse viario che congiungeva Aquileia Brescia, Bergamo, Como ed Ivrea (menzionato anche nella Tavola Peutingeriana) e faceva parte della pieve di Incino, una delle pievi più vaste ed antiche della zona che già nel 1285 faceva capo a 61 chiese.
La costruzione della chiesa risale alla metà del V secolo e nel tempo ha subito diversi ampliamenti e rimaneggiamenti, soprattutto interni, che comunque non ne hannomodificato la fisionomia originaria
L’edificio è a pianta rettangolare a navata unica absidata con soffitto a capriate in legno e murature scandita da lesene.
La parte più antica della chiesa è l’abside di forma semicircolare con antichi finestroni di epoca paleocristiana otturati in epoche successive.
La costruzione originaria aveva il fronte più arretrato che venne allungato solo nel XVI secolo nella sua parte anteriore fino a portarlo a ridosso del campanile.
La campagna di scavi archeologici condotta nel 1994 ha permesso il recupero dell’antico impianto del battistero alto-medievale dedicato a san Giovanni Battista. Il battistero a pianta quadrata sorgeva davanti alla chiesa, . Aveva un’abside quadrata ad est aggiunta in un secondo momento e al centro il fonte battesimale circolare, costruito sopra un altro più antico di uguale forma.
Il campanile, alto 32,7 metri, copre larga parte della facciata d’ingresso ed è stato costruito nell’XI secolo con impegno di materiale di spoglio di epoca romana ed inizialmente era staccato dalla costruzione della chiesa. Ha tre ordini sovrapposti di monofore, bifore e trifore con colonnine variamente ornate e in epoca medievale fungeva anche da torre di avvistamento.
Nell’XI secolo venne scavata anche la cripta triabsidata che era posta sotto la chiesa. La cripta ed il battistero pericolanti vennero demoliti nel XVI secolo quando la dignità prepositurale passò alla chiesa di Santa Maria Nascente nel centro di Erba.
Il ritrovamento di diverse sepolture tra il battistero e la chiesa fanno ritrenere che l’area fosse adibita a cimitero.
Il grande Crocifisso ligneo del XVI secolo con dipinta la figura di Cristo, di stile giottesco, è sicuramente l’opera più interessante conservata nella chiesa. Nei riquadri, posti nei quattro punti terminali della Croce e venuti in luce solo durante il restauro del 1983, sono effigiati: a sinistra la Vergine Addolorata vestita di nero, a destra san Giovanni, in alto il Cristo Redentore che indica con la mano destra la S.S. Trinità e con la mano sinistra regge il mondo, in basso la coppa raccoglitrice del sangue di Cristo.
Sopra il portale troneggia il frammento scultoreo di epoca romana raffigurante il Cristo e, all’interno, si può ammirare una pregevole acquasantiera marmorea con testine umane a rilievo con incisa la data MCCXII (1212) e le lettere P.A.M.E.F., il cui significato è stato interpretato come: “Petrus Antonius me fecit.
La cosidetta Cappella della Madonna, sulla destra, fu commissionata dalla potente famiglia locale dei Parravicini, e conserva un antico affresco della Madonna rimaneggiato nel secolo scorso.
La chiesa è dedicata a sant’Eufemia di Calcedonia in onore della chiesa, dedicata a questa santa, dove si svolse il Concilio di Calcedonia cui si rifacevano i seguaci dello scisma tricapitolino. La diffusione sul territorio comasco del credo tricapitolino e del culto alla santa è dovuto al vescovo di Como Agrippino che ebbe un ruolo particolarmente attivo ed al quale, oltre alla chiesa di Erba, si possono far risalire anche le dedicazioni della basilica di Sant’Eufemia a Grado, la chiesa di Santa Eufemia di Como (ora chiesa di San Fedele), la basilica di Sant’Eufemia sull’isola Comacina, quella di Oggiono, di Teglio e quella del Castello di Musso.
In occasione del Giubileo del 2000, per volere dell’arcivescovo Carlo Maria Martini, l’antica plebana di sant’Eufemia di Incino è stata annoverata fra le 23 chiese giubilari dell’Arcidiocesi di Milano.
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foto di M.Ballabio