Goliardia e potere
Le recensioni di GdA
Cinquantottini, Vittorio Emiliani, Marsilio, 282 pagine 17,50 euro
Questo libro parte da una constatazione: si parla tanto di Sessantottini ma sono stati invece i Cinquantottini a formare la classe dirigente del Dopoguerra in Italia. E il suo brodo di coltura è la Goliardia. Goliardia che non era solo scherzi, pesanti, nonnismo, qualunquismo, ma anche e soprattutto impegno politico e culturale, a partire dal congresso di Firenze del 1952. Animato soprattutto da socialisti, radicali, repubblicani e sinistra democristiana. Insomma, il futuro Centrosinistra. Tesi di fondo: autonomia dai partiti (ma non dalla politica, anzi tanto impegno), europeismo, antifascismo. E poi apertura della scuola, specie dell’università, alle classi povere, lotta concretizzatasi con gli assegni di studio varati da una legge del 1963. I nomi che scorrono sono davvero tanti e importanti: Craxi, Pannella, De Michelis, Giolitti, Stanzani, Teodori, Andreotti, Militello, Donat Cattin. Futuri politici. Ma sono tanti anche i professionisti, i manager di stato e privati, gli economisti, i professori universitari, gli scrittori, gli intellettuali. Sullo sfondo, ma non tanto, lo scontro con il Pci di Togliatti e la contestazione del frontismo del Psi. Cruciale spartiacque fu la rivolta operaia in Ungheria del 1956. Una storia quella dell’Ugi, Unione goliardica italiana, fatta di continui dibattiti, congressi, convegni. Su tantissimi temi politici, culturali e di costume (contro clericalismo e censura imperanti), unitaria e collettiva nonostante le diverse visioni ideologiche. Densa, profonda, lungimirante. Travolta dal Sessantotto che, dice Emiliani (e in qualche modo sono d’accordo), ha visto sì tanto dibattito politico, ideologico soprattutto, ma poche conseguenze sul piano dei contenuti e, soprattutto, su quello degli uomini. Pochissimi politici (e meno di valore) e tanti professionisti, soprattutto giornalisti, nessun manager, o quasi. Insomma raccontatori, non protagonisti. Una situazione che stiamo scontando ancora oggi, molto peggiorata, vista l’inconsistenza del dibattito politico da anni a questa parte e, di conseguenza, i suoi protagonisti. Un libro molto interessante che dovrebbe far riflettere chi è stato ed è impegnato in politica e nella società per ricercare i motivi della crisi di oggi. Ma dubito che ciò avverrà. Troppo distanti dalla società reale i protagonisti, ormai casta. Troppo chiacchiere e distintivo. Un elenco del telefono la seconda parte del libro. Utile, soprattutto per chi c’era allora e vuole trovare il suo nome scritto. Ma impressionante per il numero di personaggi più o meno noti protagonisti del recente passato. Impietoso il raffronto per noi Sessantottini con i nostri fratelli maggiori. Non che il Centrosinistra e il riformismo fossero nei nostri cuori e nelle nostre idee, anzi. Ma certo, diversamente da Loro, abbiamo raccolto poco. Per, ingenuità, povertà intellettuale, sostituiti da ideologismo e, come critica Emiliani, da tanto individualismo. Se per i Cinquantottini, soprattutto i socialisti, l’autonomia dal Pci era esiziale, per noi la critica feroce al Pci, e a tutta la storia del socialismo reale come s’era evoluta da un certo periodo in poi, era altrettanto centrale. Ma avevamo gli strumenti, eravamo e siamo, piccoli borghesi oscillanti tra estremismo (anche armato) e revisionismo (pure armato), incapaci di creare una nostra strada autonoma. Situazione che permane ancora oggi nonostante una gran quantità di persone, il popolo, la classe, la ggente esprima contro la classe dirigente, l’intero sistema politico (di destra e di sinistra) repulsione e antagonismo. Lo chiamano spregevolmente populismo. Ma è un sintomo che i comunisti, poveri intellettualmente e di iniziativa radicale, non sanno ancora raccogliere. E convogliare nella giusta direzione.