Eco: zero
Lo scaffale di Nonno Santi
Numero zero,Umberto Eco, Numero zero, Bompiani, 222 pagine, 17 euro
E’ l’evento. Confesso che mi ha distratto dalla lettura di “I sogni belli non si ricordano” di Carlo Verdelli (vedi recensione), che ho riposto, giusto il tempo di leggere il pamphlet di Umberto Eco. Oggi si procede per eventi, ignorarli ti taglia fuori anche dalle conversazioni ai giardinetti. Mi aveva anche incuriosito il risvolto che definisce il libro “un perfetto manuale per il cattivo giornalismo”, attestato di valore satirico come potrebbe essere per certi consigli di Swift o Mark Twain. Ancor più intrigante la collocazione temporale: il 1992, di mani pulite e di Falcone e Borsellino. Addirittura stuzzicanti certi nomi di protagonisti, come Braggadocio o Simei, l’uno forse non estraneo a un viluppo di significati, l’altro con sapore enigmistico, come fosse un anagramma con scarto di consonante. Insomma, uno stato d’animo quanto mai propizio alla lettura d’un volume incentrato sul delirio da complotto (diciamo soltanto, per non indulgere allo spoiler, che si assume che Mussolini fosse vivo ben oltre il 1945, essendo un sosia finito a Piazzale Loreto al suo posto). Ora che l’ho chiuso, la strana sensazione è quella di un ricordo cinematografico che torna a galla. Lo stesso autore si avvale di un ricordo filmico, citando, a un certo punto l’invettiva di Humphrey Bogart: “E’ la stampa bellezza, e tu non ci puoi fare nulla” (nel film L’ultima minaccia). A me ne è venuto in mente un altro, quello che dice: “Tra la realtà e la leggenda si stampa la leggenda”. E ho l’impressione che anche Umberto Eco ne abbia tenuto conto: solo che sembra convinto che quella regola valga (o debba valere) solo nel Far West (location del film, che era L’uomo che uccise Liberty Valance). Qualcuno deve trovare il coraggio di dirgli che quella è la regola del giornalismo tutto. E che è meglio un complotto oggi che una velina domani. Insomma, Numero zero racconta come si facevano i giornali, prima che i 140 caratteri cancellassero le emozioni. In sostanza è una guida al buon giornalismo del tempo che fu. Però il capolavoro è I sogni belli non si ricordano (ho finito di leggerlo poco fa)..
Eco: zero