Curiosità sugli scrittori famosi
Si dice che Shakespeare non correggesse mai, e che scrivesse talmente veloce da non usare punteggiatura per non dover interrompere il flusso. Un altro scrittore di velocità (esempio facile se si considera la quantità di pagine scritte) fu Charles Dickens, che con poche cancellature e una grafia stabile e larga portava avanti una mole di lavoro di almeno 550 parole al giorno (arrivando fino a 4000 parole nei giorni più fecondi). Ma è probabile che il record sia di Stendhal che scrisse assai meno, ma davvero rapidamente.
Honoré de Balzac, per esempio, vestiva un casacca particolare e accendeva quattro candele, prima di gettarsi a forte velocità a scrivere una delle opere più lunghe mai scritta da una singolo scrittore (i 47 volumi della La Commedia umana, che però sono una parte addirittura minore di ciò che scrisse, se si include anche la corrispondenza).
Lev Tolstoj spese 6 anni per scrivere Guerra e pace in almeno 8 stesure, con la moglie Son’ja che ricopiava ogni pagina in bella, essendo tra l’altro una delle poche a saperne decifrare l’urgente pessima grafia.
Joseph Conrad continuò a scrivere con la penna a immersione dal pennino metallico anche dopo l’invenzione della stilografica, con in più la tendenza a conservare, dopo l’uso, penne rotte e pennini spuntati per ragioni affettive.
J.R.R. Tolkien scrisse Il signore degli anelli in 12 anni, usando il retro dei fogli dove i suoi studenti facevano i compiti, e una penna a immersione.
John Cheever scrisse una larga parte della sua opera in mutande, dopo aver raggiunto vestito di tutto punto in ascensore la cantina ed essersi nuovamente spogliato. Pare che avesse paura di interrompere il rituale perché non svanisse l’ispirazione.
John Steinbeck, Thomas Wolfe, Francis Scott Fitzgerald e Vladimir Nabokov preferivano la matita, anche se si facevano fotografare con la macchina da scrivere e qualche volta l’utilizzarono in versioni successive alla prima. Georges Simenon, fino a quando assai tardi cedette alla macchina da scrivere, si preparava al lavoro appuntando 50 matite che allineava sulla scrivania, e se si spezzava la punta ad una cambiava direttamente matita senza perdere tempo. Per molti dei suoi libri aveva poi il rituale di segnare su una busta gialla da corrispondenza l’elenco dei personaggi per ricordarsi il nome man mano che la trama continuava a svolgersi.
Anche Iris Murdoch, Martin Heidegger e Graham Greene preferivano scrivere a mano (e così hanno dichiarato Paul Auster, Naguib Mahfouz e Mario Vargas Llosa). Norman Mailer addirittura si sentì bloccato dalla tastiera e recuperò la vena artistica tornando alla penna.
Al contrario, erano affascinati dalla macchina da scrivere scrittori così diversi come Friedrich Nietzsche, Mark Twain, Jack London, Jack Kerouac ecc.
Primo Levi non volle mai usare il personal computer.
Marcel Proust che scriveva sempre a letto tra le pareti ricoperte da sughero
Thomas Carlyle che si fece costruire apposta una stanza isolata acusticamente
Kenzaburō Ōe racconta di scrivere meglio mentre ascolta la musica provenire dalla stanza accanto e scelta dal figlio che soffre d’una menomazione mentale.
Scrivevano invece ovunque Saul Bellow, Allen Ginsberg o Jean-Paul Sartre, specialmente ai tavolini di un bar, dove a Palermo fu composto in gran parte anche il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.