C’è un giudice a Canton
Lo scaffale di Nonno Santi
Assassinio a Canton, Robert van Gulik, O barra O edizioni, Milano. 238 pagine, 12 euro.
Fa parte dei sedici casi del giudice Dee, pubblicati con ritmo lento dalla casa editrice che col suo nome vuole indicare gli estremi della cultura uniti e disgiunti (Occidente-Oriente) ed evocare anche il numero zero, come simbolo dei luoghi-non luoghi che, porti o stazioni che siano, rappresentano anche ponti tra le culture. Non è un logo di facile decifrazione, quindi è perfetto per ospitare gli enigmi di questo investigatore, che è personaggio storico della Cina del settimo secolo d.C. Era un magistrato, passato poi alla vita politica, nella risoluzione di misteri e delitti progenitore, con secoli di anticipo, degli occidentali Auguste Dupin e Sherlock Holmes. Lo ha fatto rivivere l’olandese Robert van Gulik (1910-1967), cresciuto a Giava e conoscitore di cinese, giapponese e sanscrito. Nelle postfazioni ai suoi romanzi si premurava di specificare che “gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia, del tutto immaginari”, di certo nell’intento di non urtare, con eventuali inesattezze, la suscettibilità dell’ombra del giudice. Ogni romanzo è anche illustrato da disegni dell’autore, con qualche tocco peccaminoso (deliziosamente ingenuo e raffinato per i nostri occhi, abituati ai selfie).
In Assassinio a Canton (il più grande porto cinese dell’epoca) tutto ruota intorno al terribile segreto della sensuale danzatrice Zumurrud. E le sue movenze serpentine non sono la cosa più spettacolare dell’intrigo.
C’è un giudice a Canton